martedì 31 luglio 2007

VII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo: primi progetti dei Comitati della Dante

News ITALIA PRESS, 27 luglio 2007
Roma - La VII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo si svolgerà dal 22 al 28 ottobre 2007 sul tema "L'italiano e il mare". Come negli anni precedenti i Comitati della Società Dante Alighieri hanno accolto con entusiasmo e ampia partecipazione la proposta della Sede Centrale di aderire alla manifestazione, promossa dal Ministero degli Affari Esteri e dall'Accademia della Crusca e giunta alla VII edizione. Il tema scelto, "L'italiano e il mare", fanno notare dalla sede della Dante Alighieri, "in grado di legarsi alla letteratura come alla poesia, all'arte, alla geografia, all'economia e all'architettura e di aiutarci a scoprire aspetti nascosti o forse dimenticati della cultura italiana", come ha sottolineato il Ministro Plenipotenziario Gherardo La Francesca, Direttore Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale del Ministero degli Affari Esteri, durante la prima riunione organizzativa, ha stimolato l'organizzazione di numerose manifestazioni ed eventi in collaborazione con i locali Istituti Italiani di Cultura.
Diversi i Comitati della Dante che già hanno comunicato alla Sede Centrale il programma delle proprie attività nell'ambito della "Settimana": a Christchurch, in Nuova Zelanda, si sta progettando un Premio Letterario e di Arti visive aperto a tutti gli studenti di lingua italiana; a Johannesburg, in Sudafrica, dalla prima settimana di agosto alla fine di settembre si svolgerà un omaggio a Toscanini, Boccaccio, Gigli e Goldoni; a Maracay, in Venezuela, verranno promossi un concorso artistico, uno spettacolo sul tango e una conferenza sul Mar Mediterraneo; a Chambery, nel cuore della Francia, si terranno una rappresentazione teatrale di Goldoni e il VII Convegno italo-francese. Tradizionalmente molto attivi i Comitati argentini: a Rio Tercero si terrà una giornata di lettura e a Tandil un seminario sull'arte dell'Ottocento italiano, una mostra sulle Repubbliche Marinare, uno spettacolo teatrale "Pinocchio e il pescecane" e un'esposizione curata dagli studenti dei corsi di lingua su temi legati al mare. News ITALIA PRESS

domenica 15 luglio 2007

L’IIC DI BUENOS AIRES ORGANIZZA UNA SERATA IN ONORE AL FILOSOFO ITALIANO LUIGI PAREYSON

BUENOS AIRES\ aise\ 13 luglio 2007 - Un omaggio a Luigi Pareyson, uno dei maggiori filosofi italiani del XX secolo. L’appuntamento è per il 17 luglio prossimo alle 18.30, presso l’Auditorio del Museo Nacional de Bellas Artes di Buenos Aires.
All’evento, organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura e dall’Ambasciata d’Italia locali, in collaborazione con l’Asociación Argentina de Críticos de Arte, sotto il coordinamento generale di Rosa María Ravera, è prevista la partecipazione speciale del filosofo italiano Mario Perniola.
La serata prevede un’introduzione sul pensiero di Luigi Pareyson, con una conferenza a cura di Mario Perniola, docente universitario a Roma, cui seguirà la tavola rotonda sul tema "Arte ed estetica contemporanea: contro la comunicazione?", cui interverranno Mario Perniola, Rosa María Ravera, María José Herrera, Edgardo Castro.
Nato a Piasco (Cuneo) il 4 febbraio 1918, Luigi Pareyson si è laureato in filosofia all'università di Torino nel 1939 ed ha seguito i corsi di Karl Jaspers ad Heidelberg. Professore a Cuneo, durante la guerra ha partecipato alla Resistenza insieme a Pietro Chiodi. Nel 1950 è divenuto professore ordinario prima a Pavia e poi, dal 1952 al 1988, a Torino, dove ha insegnato Estetica e Filosofia teoretica, succedendo ad Augusto Guzzo. È stato accademico dei Lincei, membro delll'Institut international de philosophie e direttore della Rivista di estetica. È morto a Rapallo l'8 settembre 1991. (aise)

giovedì 12 luglio 2007

Oslo. Se l’Italia incontra il gusto norvegese

La cultura italiana è una cultura di “eccellenze”. È quello che emerge dal colloquio con il direttore dell’Istituto di cultura italiano a Oslo Sergio Scapin, che ci parla della vita degli italiani in Norvegia, del lavoro, dell’integrazione culturale e del gusto norvegese che guarda all’Italia senza grossi stereotipi e con favore, soprattutto se si tratta di enogastronomia, design e arte.
di Manuela Puntillo


Italia Vostra, 12 luglio 2007
L’intervista

Da quanto tempo dirige l’Istituto di cultura di Oslo?
Soltanto dal 29 maggio di quest’anno. A riguardo devo però dire che il mio è stato un ritorno, perché ho già operato in questo Istituto negli anni ’80, come addetto.

Può fare quindi un paragone tra ieri e oggi riguardo alla vita e alle attività dell’Istituto?
Ora abbiamo una nuova sede. Ci siamo trasferiti nei pressi dell’Ambasciata d’Italia, in una zona molto centrale della città, nelle vicinanze del castello reale.
La comunità di Oslo, dal canto suo, invece, ha avuto un’enorme evoluzione per quanto riguarda il tenore di vita dei cittadini norvegesi, miglioramento dovuto alla grande ricchezza acquisita in questi anni.

In che maniera vi relazionate con le istituzioni “ospitanti”?
Prevalentemente attraverso contatti personali nel corso dei quali presentiamo i progetti che vorremmo realizzare in collaborazione o con il loro sostegno, ma anche attraverso una fitta corrispondenza.

Ci sono istituzioni in particolare con cui intrattenete rapporti privilegiati?
L’Istituto di cultura ha un rapporto privilegiato soprattutto con i Comitati della Dante Alighieri (società con sede a Roma, che si occupa di diffusione e promozione della lingua e della cultura italiane all'estero), che sono ben radicati territorialmente. Nell’intero Paese esistono ben sei comitati: a Oslo, naturalmente, ad Agder, a Bergen, a Stavanger , a Trondheim e infine nella circoscrizione Fredrikstad-Halden-Sarpsborg, ai confini con il regno di Svezia. Tra i soci dei Comitati della Dante ci sono molti nostri connazionali che riusciamo a raggiungere proprio tramite l’ associazione.

Preferite privilegiare una particolare tipologia di eventi? Quali sono i criteri che utilizzate nella scelta delle attività?
Su questo faccio una riflessione anche sulla base delle iniziative che sono state realizzate prima del mio arrivo: riscontro che gli eventi più seguiti sono quelli rivolti al design, alla moda, al cinema e anche alla musica jazz, nonché tutto ciò che riguarda i prodotti enogastronomici del nostro Paese. Per quanto concerne la scelta si tiene conto dei suggerimenti che ogni anno vengono formulati dalla commissione nazionale per la Promozione della cultura italiana all’estero, istituita presso il MAE ai sensi della Legge 401/90.

E qual è il target di pubblico che ospitate?
Ci rivolgiamo prevalentemente ai norvegesi, ma è chiaro che la collettività italiana è la benvenuta per quel che riguarda tutte le nostre iniziative. Credo che il compito istituzionale dell’Istituto sia quello di promuovere la lingua e la cultura italiana all’estero e anche quello di arrivare ai cittadini del Paese che ci ospita.

Lo studio della lingua italiana: secondo lei a Oslo è percepita come lingua di cultura o come lingua commerciale?
Vorrei premettere che a Oslo esistono, per lo studio della lingua italiana, due scuole private importanti, la “Scuola di italiano” e la scuola “Ciao”. Molti altri corsi vengono impartiti dalle università popolari e altri sono tenuti dalla Dante Alighieri, anche solo per bambini. L’Istituto di cultura italiano di Oslo inaugurerà il suo primo corso di italiano nel prossimo ottobre, e sarà basato sulle normative europee di riferimento. Su proposta del comitato Dante Alighieri di Oslo presto partirà un corso denominato “Adagio, ma non troppo”, rivolto prevalentemente agli anziani che hanno bisogno di ritmi più lenti per l’apprendimento. Sicuramente l’italiano viene usato principalmente come lingua di cultura , anche in considerazione del fatto che molti norvegesi trascorrono le vacanze in Italia visitando le città d’arte. Stiamo anche assistendo a un revival del turismo norvegese verso l’Italia, infatti ci sono collegamenti diretti low cost verso Pisa, Venezia e Roma.

Patrocinate anche altri corsi, oltre quelli di lingua?
All’interno dell’Istituto organizziamo anche un corso di lettura, svolto dal nostro lettore di ruolo. È un corso libero al quale partecipano persone interessate alla letteratura italiana: vengono letti dei romanzi italiani di autori contemporanei e vengono commentati in classe.

Quanto è forte l’interazione con la collettività italiana?
La partecipazione della collettività italiana di Oslo è legata alle iniziative che vengono poste in essere. Per esempio quest’anno abbiamo organizzato un documentario realizzato da un regista norvegese, Karl Eugen Johannensen, “Mann kvinne kaffe” (Uomo donna e caffè), interamente girato in Italia. Brevemente la trama: in viaggio attraverso l’Italia piena di disillusioni e sogni mancati un norvegese ripercorre la sua infanzia alla ricerca della fortuna e dell’amore.
La partecipazione della comunità italiana all’evento è stata considerevole, la sala dell’Istituto era gremita all’inverosimile. Anche se il film non era rivolto in maniera particolare ai nostri connazionali, tuttavia è riuscito a catturare la loro attenzione. Dipende dal genere d’iniziativa: presuppongo che gli italiani fossero incuriositi dal modo in cui un norvegese potesse interpretare la nostra cultura.

Ecco, la cultura italiana. Come viene percepita e quali aspetti in particolare risultano di maggior successo?
La nostra cultura esercita sicuramente un grande fascino sul pubblico norvegese per i connotati di eccellenza che la caratterizzano. È difficile parlare di quali aspetti specifici siano maggiormente percepiti dai norvegesi, proprio perché il termine cultura è di per sé pregnante, li ingloba tutti.

Anche gli stereotipi?
Anche quelli, sì, purtroppo. Gli stereotipi sugli italiani sono presenti in Norvegia come in tutti gli altri Paesi dell’Europa del nord. Nei settori della moda o del design, dell’architettura o dell’eco-turismo, l’italianità resta però sinonimo di eccellenza.

Secondo lei come gli italiani che vivono a Oslo si rapportano al loro Paese d’origine? C’è differenza nel concetto d’Italia tra le generazioni e le categorie di italiani residenti a Oslo?
Per quanto riguarda gli italiani residenti in Norvegia penso che siano ben integrati con la comunità locale. Bisognerebbe comunque fare una distinzione tra gli italiani che sono arrivati in Norvegia fino alla fine degli anni ’80 e quelli attuali. All’epoca erano prevalentemente gli uomini che cercavano un’occupazione qui. Poi, dal primo gennaio del ’94, quando è entrato in vigore l’accordo sullo spazio economico europeo (Accordi di Schengen, 28 ottobre 1994, ndr), che dava via libera al movimento di persone, merci, capitali eccetera, c’è stato un forte incremento nell’arrivo di donne, molte delle quali sono oggi impegnate nell’insegnamento dell’italiano ma anche nelle professioni più disparate, nell’ambito del settore sanitario e delle attività educative. C’è anche una forte presenza di ricercatori italiani nelle università norvegesi: sono settori, questi, in cui si trovano migliori opportunità rispetto all’Italia. Un’altra componente della comunità italiana in Norvegia è rappresentata dagli addetti alle attività “off shore”, nel settore petrolifero. In particolare gli italiani hanno dato un notevole impulso alla realizzazione delle prime piattaforme per la ricerca ed estrazione del petrolio, soprattutto nel settore dell’applicazione delle valvole ad alta pressione. Per ritornare alla sua domanda, oggigiorno gli italiani residenti in Norvegia vivono il distacco dal proprio Paese meglio rispetto a prima. È meno avvertito, grazie alla globalizzazione, che permette per esempio di ricevere programmi televisivi italiani grazie all’antenna parabolica a alla tv via cavo, di collegarsi a internet o di viaggiare con voli low cost. I nostri connazionali inoltre si adattano molto bene alla consuetudini civili di questo paese, che ha una grande tradizione culturale e democratica. L’identità nazionale è sicuramente molto sentita soprattutto da parte dei connazionali che sono arrivati in Norvegia in età adulta.
A Oslo esiste l’Associazione Italiani in Norvegia, che pubblica un notiziario bimestrale “L’Aurora” e ha un proprio sito web: http://home.no.net/italiani

Quale tipologia di eventi preferite patrocinare e quali sono i criteri che utilizzate nella scelta?
Gli eventi che esercitano un maggiore richiamo sul pubblico norvegese sono quelli che riguardano il design, la moda, il cinema e la musica jazz nonché i prodotti enogastronomici del nostro Paese.
Per quanto concerne la scelta, si tiene conto dei suggerimenti che ogni anno vengono formulati dalla commissione nazionale per la Promozione della cultura italiana all’estero, istituita presso il MAE ai sensi della Legge 401/90.
Vengono inoltre concordate delle iniziative, i cosiddetti progetti d’area, in occasione delle riunioni d’area che si svolgono annualmente presso l’IIC di Stoccolma, il cui direttore, Giuseppe Manica, è anche coordinatore d’area. L’area in questione comprende gli IIC di Oslo, Stoccolma. Helsinki, Vilnius e Copenaghen.

Quali, tra le iniziative che avete portato all’attenzione del pubblico in questi mesi, hanno riscosso maggior successo?
L’anno scorso abbiamo organizzato una mostra dello scultore italiano Marino Marini, inaugurata al Museo di Kistefoss nel maggio dello scorso anno. Nel 2005 c’è stata un’altra mostra, “I movimenti della memoria”, dedicata allo scultore Fabrizio Plessi, in contemporanea con l’esposizione di alcuni autori dell’avanguardia come Sandro Chia, Francesco Clemente , Nicola de Maria e Mimmo paladino. Entrambe le iniziative hanno riscosso un enorme successo di pubblico e di stampa. L’Istituto, da parte sua, ha invitato Achille Bonito Oliva, che ha tenuto una conferenza sulla transavanguardia al museo del Design industriale di Oslo. L’Anno scorso, in occasione del centenario della morte del drammaturgo norvegese Ibsen, in collaborazione con la fondazione Cini, ha realizzato una mostra dedicata a Eleonora Duse, che nel febbraio 1906, qualche mese prima della morte del drammaturgo, interpretò i ruoli di Edde Gabler e di Rebecca West dei drammi ibseniani.

La mostra “Un italiano dimenticato”: c’è una ragione particolare che spieghi il perché di questa scelta?
La mostra “Un italiano dimenticato” è stata patrocinata da questo Istituto di Cultura perché rappresenta un esempio di collaborazione tra una galleria d’arte norvegese e una galleria d’arte italiana. Entrambe le gallerie si sono accordate per presentare i lavori di artisti meno conosciuti dell’altro Paese. La galleria “Speilbildet” di Hosle i Bærum, località nelle immediate vicinanze di Oslo, presenta in questi giorni i dipinti di Quarto Arrà, artista che vive e opera a San Ginesio, provincia di Macerata.
A fine agosto le opere di quattro artisti norvegesi contemporanei saranno esposte in una galleria di San Ginesio. Si realizza in questo modo un ponte culturale tra Italia e Norvegia che merita assolutamente di essere sostenuto.

E il cinema italiano?
Quanto al cinema italiano, riscontriamo una forte richiesta da parte del pubblico norvegese, che cerchiamo di soddisfare con la partecipazione a rassegne. Per esempio a settembre organizzeremo presso la Cineteca nazionale di Oslo una rassegna dedicata a Pasolini e a novembre saremo a Stavanger con la presentazione del nuovo cinema italiano. Dal 17 al 24 agosto saremo presenti al Festival internazionale del cinema di Haugesund, che ha in cartellone i seguenti film: La sconosciuta, Nuovomondo, Anche libero va bene, Mio fratello è figlio unico, In memoria di me, A casa nostra, Liscio.

Qual è a suo avviso il “punto di forza” dell’attività dell’Istituto di cultura di Oslo?
L’Istituto ha saputo nel corso degli anni instaurare rapporti duraturi con le istituzioni pubbliche e private norvegesi ed è per questo diventato un interlocutore apprezzato nella programmazione di eventi d’interesse italiano.

In base alla sua esperienza, qual è il modo più efficace per veicolare la cultura italiana a Oslo?
A mio avviso è difficile ipotizzare l’esistenza di un modo in assoluto più efficace di altri per veicolare la cultura italiana. Di certo le moderne tecnologie informatiche consentono di raggiungere più facilmente il largo pubblico. Per esempio noi curiamo molto il sito web e la mailing-list.

Attraverso ItaliaVostra può lanciare un messaggio alla comunità italiana di Oslo. Cosa vorrebbe dire?
Vorrei ricordare agli italiani residenti ad Oslo che questo istituto dispone di una ricca emeroteca, videoteca, biblioteca, dove possono essere consultati giornali o riviste italiani e prese in prestito videocassette o dvd. Vorrei poi soffermarmi sul concetto di italianità, dicendo loro che essi stessi, con il proprio lavoro, le abitudini e il modo di relazionarsi con i norvegesi costituiscono la testimonianza vivente delle “eccellenze” che sono proprie della cultura italiana e che questo Istituto di cultura si sforza di promuovere con la propria attività.

lunedì 2 luglio 2007

"Lontano da Itaca" - Franco Mimmi presenta su nueva novela en el Istituto Italiano di Cultura de Madrid”

Manuel Gil Rovira - laRepúblicaCultural.es - Publicado el Jueves 7 de junio de 2007

Título: Lontano de Itaca
Autor: Franco Mimmi
Editorial: Aliberti editore. Reggio Emilia (Italia)
Año: 2007

El pasado día 31 de mayo en el Istituto Italiano di Cultura de Madrid, y dentro de esas iniciativas que saludamos los que pensamos que no es malo saber y conocer de las novelas y los escritos que en otras lenguas de la Unión Europea y de cualquier geografía se han publicado aún antes de traducidas, Franco Mimmi presentó su último relato publicado: “Lontano da Itaca” (Reggio Emilia, Aliberti, 2007). En la presentación esta vez, junto al autor, estaba la crítica literaria Mercedes Montmany. Desde el principio, y por lo que diré más tarde (la novela, como siempre la he podido leer después del acto o gracias a él), intuíamos que íbamos a estar ante un producto libro consciente de todas sus consecuencias, de todo cuanto quiere encerrar el título. Para Mercedes Montmay: la Odisea como taller de escritura; para Mimmi: la transmisión del saber del padre al hijo. El conocimiento como realidad querida o no, hecho humano, o el conocimiento como castigo de Dios o los dioses.

El libro, que hojeaba durante la presentación es sí, un libro de viajes, porque es de vuelta, del “desexilio” que habría dicho Mario Benedetti. ¿Qué pasa cuando los viajes se acaban?” “¿Hemos viajado?” “¿Hemos estado en…?” nos deja colgando Mercedes cuando nos traslada su lectura del libro. Mimmi entonces se relee a sí mismo y relee a Pascoli en lo que es un viaje de vuelta de los sabios que miran cuanto han dejado volviendo. La lectura de Montmany es Mimmi en una de sus constantes: Penélope diciendo, diciéndose: "¿Por qué has vuelto Ulises? ¿Por qué siempre para hablarme de Troya?" Y, entonces, la autolectura de Mimmi es el libro como corpus entero, la narración que cuenta viaje y Troya, esa transmisión de saber que implica esa idea suya de que no hay peor libro que el que no sirve para nada. Por eso el libro, el corpus es, claro, la narración de Franco, pero también y fundamentales los apéndices de las fuentes, de las lecturas de la Odisea, siempre de la Odisea que va de Kavafis a Tennyson, Pascoli, a Dante, en este orden. Y sí, la Odisea leída también a través de sus lecturas, porque no es el poema épico, no es la Ilíada, es el poema del hombre, es el poema moderno, es el viaje de Odiseo. Para Mercedes Montmany, en lectura absolutamente confluyente con la del autor pero no idéntica, es contar Troya, la Troya de vuelta de manera recurrente tras el regreso a casa, como presentación y reivindicación de la propia identidad aunque esto implique contarlo en la taberna que ha abierto Telémaco con el nombre como reclamo publicitario. Para Mimmi, es contar al protagonista castigado, al “titán” mediador entre hombres y dioses que en lo humano establece su expresión de libertad y de dignidad (y de experiencia rehecha también, aunque de otra manera, en Telémaco, como dejó entrever, y estoy de acuerdo, Yvonne Aversa en su pequeña intervención). Contar al ser humano en sus días.

Pero la novela es al fin y al cabo novela y es de viaje y es de Mimmi y, por tanto -perdón por desvelar este dato, será el único- irá encontrando explicación o, mejor, construcción, a lo largo del camino, porque quienes importan son Ulises y Penélope. “Se gli Dei”, gli aveva detto, “ti promettono una vecchiaia migliore di quanto non fu il resto della tua vita, rallegrati e vinci ogni angoscia” (“Si los dioses” le había dicho “ te prometen una vejez mejor de lo que había sido el resto de tu vida, alegrate y vence toda angustia"). Entonces, el viejo Ulises que esto había escuchado diez años antes a su regreso a Ítaca "si rese conto che non aveva più parlato alla sposa ritrovata, ma a se stesso, e che nell’emozione del ricordo erano entrati sentimenti diversi, intimi, segreti, ma non tanto segreti che una donna innamorata non potesse avvertirli, indovinarli, penetrarli". ("Se dio cuenta de que no le había hablado a la esposa reencontrada, sino a si mismo, y de que en la emoción del recuerdo habían aparecido sentimientos varios, íntimos, secretos, pero no tan secretos como para que una mujer enamorada no los pudiera advertir, adivinar, penetrar").

Son esos días enteros de la nostalgia de lo hecho en viaje que entonces era futuro y ¿ahora? Ahora me sugiere Dolores Castro para añadir al corpus de Mimmi que incluyamos a un Borges ya leído como relectura: “Ya en el amor del compartido lecho/ duerme la clara reina sobre el pecho/ de su rey pero ¿dónde está aquel hombre/ que en los días y las noches de destierro/ erraba por el mundo como un perro/ y decía que Nadie era su nombre?”

Leído de nuevo a Mimmi y tras haber escuchado a Franco y a Mercedes en esa presentación que tenemos que agradecer a la inciativa del Istituto Italiano di Cultura de Madrid y de su librería, sólo me queda decir que, en cuanto a los amigos que observan las historias de Ulises y sus nombres, que en cuanto a los nombres de los personajes, que en cuanto a la profecía de Tiresias que tanto tiene que ver con la novela y el título, etc… los lectores tendrán que pasearlos leyendo también la Odisea y los trágicos griegos como parece querer el autor que busca y lee desde la transmisión de padre a hijo, de generación a generación, de experiencia a experiencia, de escritura a escritura. Era así en tantas de sus otras novelas y recuerdo ahora al Cicerón (De senectute) y al Jacques Brel de Una vecchiaia normale; al Eliot, al Carol Reed (El tercer hombre) y la Maria Bethania, etc… de Un cielo così sporco. Vuelve a ser así en esta Lontano da Itaca con Homero, y también con los ya citados Kavafis, Tennyson, Pascoli o Dante que, como he dicho, en este caso forman parte/ corpus del libro.