giovedì 2 aprile 2009

DA FATTORI AL FUTURISMO: "ASPETTI DELL’ITALIA CHE CAMBIA" IN MOSTRA ALL'ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI BELGRADO

BELGRADO\ aise\ 1 aprile 2009 - Si inaugura domani, 2 aprile, presso Palazzo Italia, sede dell'Istituto Italiano di Cultura di Belgrado, la mostra "Aspetti dell’Italia che cambia. Grafiche e olii dalla collezione Flaminio Farnesi", che, come spiega il direttore dell'Istituto, Alessandra Bertini Malgarini, "rende omaggio a Giovanni Fattori, del quale si sono appena concluse in Italia le celebrazioni per il centenario della morte, e apre in Serbia le manifestazioni per l'anno del centenario del manifesto di fondazione del Futurismo che si stanno svolgendo in tutta Europa".
"Dopo aver dedicato ampio spazio all'arte contemporanea", dunque, "l'Istituto di Cultura fa un salto indietro nel tempo e, prendendo spunto dal centenario della morte di Giovanni Fattori e dal centesimo anniversario della pubblicazione del Manifesto Futurista, presenta al pubblico serbo due movimenti artistici che hanno segnato alcuni tra i momenti più significativi della storia italiana: la nascita della Nazione e l'avvento del Novecento", chiarisce l'Ambasciatore d’Italia a Belgrado, Alessandro Merola.
Curata da Alessandro Tosi dell'Università di Pisa, la mostra sarà aperta al pubblico sino al 4 maggio. E proprio Tosi spiega che "l'accostamento a prima vista ardito, persino ossimorico tra le quiete immagini di uomini e animali fissate nelle incisioni di Giovanni Fattori (1825-1908) e i vortici di macchine e cose schizzate nei fogli di due generazioni di pittori futuristi, offerto dalla selezione di opere della splendida collezione di Flaminio Farnesi, vuole in realtà invitare ad alcune riflessioni su una storia che scorre con significative tangenze".
"È sufficiente evocare la certezza di date e celebrazioni per avere una prima traccia in grado di suggerire, all'insegna della modernità, sottili connessioni: quella della morte del grande pittore livornese, il 30 agosto 1908, ricordata nell'anno appena trascorso con importanti mostre in tutta Italia, e quella della pubblicazione a Parigi, sul quotidiano Le Figaro, del Manifesto futurista di Filippo Tommaso Marinetti il 20 febbraio 1909, per il cui centenario si vanno organizzando festeggiamenti su scala internazionale", prosegue. "Del resto, proprio tra gli anni '80 del XIX secolo - e del 1884 sono i 20 Ricordi dal vero, la preziosa serie di litografie che documenta quei temi militari che daranno corpo al presunto Fattori "battaglista" - e il momento dell'esplosione futurista nel Novecento appena scoccato, l'Italia e gli italiani sono chiamati ad entrare nella modernità attraverso un non facile processo di identità e consapevolezza nazionale che prende avvio dal Risorgimento".
"Acquista un senso preciso, allora, il Fattori impegnato nelle vicende della "macchia", ovvero nelle ansie di rinnovamento che scuotono la cultura figurativa ottocentesca all'insegna di slanci antiaccademici e sentimenti di appartenenza, lasciando una fonte imprescindibile per le esperienze delle avanguardie novecentesche. Da quella stagione", continua Tosi, "Fattori parte per raggiungere esiti di sorprendente modernità soprattutto nelle acqueforti della fase più tarda, dove riesce a dar corpo e sostanza, con straordinarie intuizioni formali, ad una poetica destinata a segnare in profondità l'immaginario contemporaneo - e quanto se ne ricorderà il cinema, a partire da Luchino Visconti!".
"Al Novecento, Fattori parla non solo di uomini, animali e paesaggi di una civiltà contadina ancora fondante, nei suoi valori etici, la società italiana, ma anche di una ricerca in grado di precorrere, nelle pause e nelle accelerazioni, nelle sintesi e nelle infinite modulazioni del segno, più urgenti e urlate sperimentazioni. Agli antieroi fattoriani dispersi su inesistenti campi di battaglia, ai carri di buoi che lentamente attraversano gli assolati paesaggi maremmani, alla rassegnata e nobilissima solitudine di contadini e animali, il futurismo risponde con i nuovi temi e i nuovi miti della metropoli, della velocità, della guerra, della simultaneità. Non solo con i protagonisti della prima generazione (Primo Conti, Gino Severini, Mario Sironi, ma soprattutto Ardengo Soffici che di Fattori sarà attento lettore), ma anche con il meno noto, ma non meno interessante, secondo futurismo degli anni '30, di cui le opere di autori come Tazio Alcedi, Pietro Ardigò, Decio Cartesio, Mino Marmilla o Uberto Bonetti (notevoli le sue divertite reinvenzioni della monumentalità di Pisa) costituiscono documenti inediti e preziosi. E mentre scorrono sullo sfondo le tante anime di un'Italia che cambia", conclude Tosi, "si svelano ai nostri occhi le risposte dell'arte ai tanti volti della modernità".
Da un lato, dunque, la campagna toscana e la fatica del lavoro, la vita militare, le grandi manovre e la quotidianità degli accampamenti, i personaggi per lo più persone umili, contadini o operai, spesso rappresentati con animali, perché entrambi sono accomunati dalla fatica e dal sudore, dalla miseria e dalla fame, sono i principali protagonisti del mondo poetico e artistico di Giovanni Fattori (Livorno 1825 - Firenze 1908), pittore della macchia e artefice di un profondo rinnovamento della ritrattistica nell'arte moderna italiana. Dall'altro la civiltà industriale, la modernità delle macchine, la velocità, il dinamismo, il movimento, la metropoli, l'individuo e la guerra, il disprezzo per la tradizione e l'accademismo sono i nuovi valori artistici del Futurismo e di una concezione vitalistica dell'esistenza che congiunge arte e vita, una vita dai ritmi forsennati e decisi.
Fattori e il Futurismo rappresentano allora due veri punti di svolta, che l'arte ha anticipato e interpretato, come la mostra di Belgrado si propone di sottolineare. Una mostra che non sarebbe stata possibile senza la disponibilità di Flaminio Farnesi, che ha messo a disposizione dell'Istituto Italoiano di Cultura le opere della sua splendida collezione, permettendo di presentare al pubblico serbo una parte così importante della nostra storia dell'arte. (aise)

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