giovedì 21 febbraio 2008

Pane e segatura, Ucraina alla fame

Documenti Tradotti i rapporti dei diplomatici italiani nel 1932-' 33
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Dragosei Fabrizio

Corriere della Sera, 21 febbraio 2008
Mosca - Un pezzetto di pane nero mezzo crudo, impastato con segatura, venne spedito nel febbraio 1932 dalla città ucraina di Kharkov a Mosca e da qui procedette per Roma dove, forse, finì sulla scrivania di Mussolini. Era un campione dell'unico cibo che gli ucraini affamati riuscivano qualche volta a trovare e faceva parte dei puntuali e sconvolgenti rapporti che le autorità consolari italiane preparavano e inviavano ai loro superiori. Un quadro preciso e obiettivo della drammatica carestia provocata da Stalin che si portò via 6 milioni di persone. E che oggi viene usato in Ucraina per dare forza alla richiesta che tutto il mondo riconosca in quella carestia, l'Holodomor, un genocidio. I documenti dei diplomatici italiani (Lettere da Kharkov) raccolti dallo storico Andrea Graziosi e pubblicati da Einaudi, sono stati ora tradotti in ucraino. «È difficile immaginare che la qualità del cibo sia così cattiva come dimostra questo pezzetto di pane», scriveva l'ambasciatore a Mosca Bernardo Attolico, trasmettendo il «reperto» inviatogli dal console a Kharkov Sergio Gradenigo, autore di molti rapporti. «La carestia continua a mietere vittime su una scala talmente enorme che è assolutamente incomprensibile come il mondo possa rimanere indifferente di fronte a questa catastrofe», scriveva il 31 maggio '33. Il mondo ha conosciuto i dettagli e la reale dimensione di quella tragedia solo negli anni della perestrojka. Ma nelle carte del ministero degli Esteri italiano c'erano già allora tutti i dettagli e le cifre. I diplomatici italiani contavano i morti nelle strade, riportavano le soffiate avute da conoscenti in contatto con la polizia segreta, la temibile Ogpu (prima era stata la Ceka, poi sarebbe diventato il Kgb). Gradenico raccontava di aver visto di notte camion carichi di corpi che si fermavano per le strade e uomini con forconi che raccoglievano cadaveri. Scriveva a Roma l'ambasciatore Attolico il 20 giugno 1933: «Nei primi sei mesi del 1933 la carestia avrebbe ucciso almeno tre milioni di persone». E l'11 luglio citava la cifra complessiva di sei milioni di vittime, quella ritenuta oggi prudenziale dagli storici. Su gran parte delle lettere era stata apposta con una matita blu la sigla di Mussolini. Il regime italiano sapeva, ma non usava queste notizie a scopo propagandistico. In quegli anni il Duce puntava ancora sull'amicizia con il giovane stato sovietico. E poi denunciare i crimini di uno stato totalitario, guidato da un despota avrebbe potuto far pensare proprio all'Italia di quegli anni. L'incontro «Le Lettere da Kharkov» pubblicate in Italia da Einaudi escono ora in Ucraina. Il libro sarà presentato il 25 febbraio dall' Istituto Italiano di Cultura a Kiev. Sarà presente il presidente ucraino Viktor Yushchenko.

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